Revolut ha aperto ai propri dipendenti più fedeli un round interno per la vendita di azioni in vista di una potenziale IPO, svelando di fatto la valutazione di mercato della fintech britannica.
La notizia stava circolando da tempo, e tutto l’ecosistema si stava ponendo una domanda ben precisa: in un momento di downturn importante come questo in ambito fintech, riuscirà almeno Revolut a confermare, o persino incrementare, la valutazione acquisita negli anni?
E la risposta è stata positiva. In un operazione che ha portato nelle tasche dei dipendenti di revolut circa $500 milioni, l’azienda ha confermato una valutazione totale di $45 miliardi, ribadendo ancora una volta la sua posizione di azienda privata tech più grande d’Europa.
Gli acquirenti in questo caso sono stati alcuni degli investitori di vecchia data di Revolut, come Tiger Global, Coatue e D1 Capital Partners, mentre sembra non aver partecipato Softbank, il principale azionista e sostenitore della neobank britannica.
L’ultima valutazione disponibile per Revolut era datata 2021, una era geologica fa in termini di ecosistema startup, anno nel quale l’azienda aveva chiuso a circa $33 miliardi.
Le ragioni dietro al successo Revolut
I recenti successi di questa banca online hanno assicurato al gruppo un incremento di valore importante, trainato soprattutto da alcune milestone.
La prima, senza dubbio, è sicuramente l’aver finalmente ottenuto la tanto attesa licenza bancaria in UK, alla quale stavano lavorando da oltre tre anni.
Ma anche a livello di KPI l’azienda può sicuramente sorridere: nel 2023 il fatturato si è attestato a $2.2 miliardi, arrivando finalmente anche a registrare la prima profittabilità operativa, con un utile di $545 milioni pre-tax.
Il 2024 sta continuando nella stessa falsa riga, con una crescita delle revenue prevista circa all’80% e oltre 50 milioni di utenti worldwide. Il periodo buio sembra quindi alle spalle per il gigante del fintech britannico, che sta ora guardando con ottimismo al futuro.
Revolut ha infatti recentemente ottenuto una licenza bancaria in Messico per accelerare l’espansione oltre oceano, mentre nel vecchio continente è corteggiata dai regolatori inglesi affinché portino avanti la quotazione a Londra invece che a New York.
La speranza per l’ecosistema è che un esempio di successo così importante riesca a contagiare anche il resto del mercato fintech, che dopo due anni di discesa ha un disperato bisogno di portare a casa qualche vittoria.