Dopo il crollo di Credit Suisse in Europa, poi salvata dall’intervento di Ubs, oltreoceano anche First Republic Bank ha subito una crisi finanziaria, ma i maggiori istituti di credito statunitensi sono intervenuti con un piano di salvataggio.
First Republic Bank, la più importante e ricca banca di San Francisco che vanta facoltosi clienti come Mark Zuckerberg, ha rischiato le conseguenze di Silicon Valley Bank e Signature Bank.
L’immediato appello della Casa Bianca ed il coinvolgimento di alcune Banche statunitensi disposte a sostenere First Republic Bank hanno salvato l’istituto finanziario di San Francisco dal dissesto annunciato.
First Republic Bank: cosa succede?

In un primo momento la preoccupazione aleggiava nell’aria e comprometteva la stabilità di tutto il sistema bancario, con conseguenze disastrose anche per le Borse internazionali.
First Republic Bank ha subito le perdite derivanti dall’incremento dei tassi di interesse imposti dalla Federal Reserve per fronteggiare la forte pressione inflazionistica.
Una condizione che ha comportato un sentiment di preoccupazione per i correntisti che hanno prelevato in massa e una sfiducia conseguenziale degli investitori che ha generato un crollo del -70% del valore del titolo in Borsa.
First Republic Bank ha assistito inerme anche alla caduta della sua capitalizzazione di mercato che è passata dai 21 miliardi di dollari fin sotto i 5 miliardi di dollari.
Fondamentale l’intervento del Governo degli Stati Uniti che ha attuato un piano di salvataggio e coinvolto 11 delle maggiori Banche statunitensi per sostenere First Republic Bank e tutto il sistema bancario che rischiava di compromettersi.
First Republic Bank: dal dissesto al piano di salvataggio

Il consorzio formato da 11 delle più importanti Banche Usa ha trovato un accordo per depositare 30 miliardi di dollari sotto forma di prestito per salvare First Republic Bank.
Un investimento che da un lato allontana il rischio di un effetto a catena, mentre dall’altro dona una boccata di ossigeno alle Borse internazionali ed invia un segnale di fiducia allo stesso sistema bancario.
La cordata è coordinata dal Governo degli Stati Uniti e ne fanno parte alcune delle più importanti banche di investimento, di seguito elencate:
- JPMorgan;
- Citigroup;
- Bank of America;
- Morgan Stanley;
- Goldman Sachs;
- Wells Fargo;
- US Bancorp;
- Truist Financial;
- PNC Financial Services Group;
- Mellon;
- State Street.
JPMorgan (NYSE: JPM) guidata dal ceo Jamie Dimon, Bank of America e Citigroup partecipano al piano di salvataggio di First Republic Bank con un importo da 5 miliardi di dollari di depositi a testa, invece le banche minori cooperano con importi più contenuti.
Oggi First Republic Bank ha subito 70 miliardi di dollari di deflussi ed il titolo in Borsa è crollato del -47%, ma in compenso Wall Street non ha registrato andamenti negativi e l’effetto domino appare essersi arrestato.
Il sistema bancario sembra quindi oggi poter reggere, ma alleggia ancora il timore di dover fronteggiare una crisi simile a quelle degli anni ’80, del 1998 e del 2008, uno storico che allarma anche la Fed.
Sia il Tesoro che la Federal Reserve sono scesi in campo erogando depositi straordinari per circa 300 miliardi di dollari, oltre ai 115 miliardi di dollari già previsti dalla Banca Centrale.
Un gettito eccezionale per tentare di contenere conseguenze ben più gravi, mantenere la fiducia nel sistema bancario, evitare allarmismi che possano condizionare anche le Borse mondiali.