In un discorso destinato a lasciare il segno, il presidente della Federal Reserve Jerome Powell ha avvertito che gli Stati Uniti potrebbero essere sull’orlo di una nuova fase caratterizzata da shock di offerta più frequenti e persistenti. Una prospettiva che mette sotto pressione sia l’economia sia il delicato equilibrio delle politiche monetarie.
Le cause dei rischi inflazionistici persistenti
Secondo Powell, diversi fattori stanno convergendo per creare un contesto economico più instabile. Tra questi, spiccano:
- Dazi commerciali che spingono al rialzo i prezzi dei beni di consumo.
- Interruzioni nelle catene di approvvigionamento globali che rallentano le consegne e aumentano i costi.
- Rigidità del mercato del lavoro, con carenza di manodopera che alimenta pressioni salariali.
- Cambiamento climatico, che rende i prezzi agricoli sempre più volatili.
Il rischio, ha spiegato Powell, è quello di trovarsi di fronte a un’inflazione più difficile da domare rispetto agli anni 2010, costringendo la Fed a ripensare le proprie strategie su occupazione e stabilità dei prezzi.
Come si manifesta la persistenza dell’inflazione
La persistenza inflazionistica deriva sia da dinamiche interne che da spinte esterne. Sul fronte interno, la tensione sul mercato del lavoro — con bassi livelli di disoccupazione e salari in aumento — costringe le imprese a trasferire i maggiori costi ai consumatori.
Sul piano esterno, altri fattori aggravano la situazione:
- Politiche fiscali espansive, che stimolano la domanda senza corrispondenti aumenti fiscali.
- Deglobalizzazione, che riduce la capacità di bilanciare gli shock inflazionistici attraverso il commercio internazionale.
- Cambiamenti demografici, che rafforzano il potere contrattuale dei lavoratori in economie sempre più anziane.
- Transizione verde, che introduce nuove fonti di volatilità sui prezzi dei beni essenziali.
Il peso delle interruzioni nelle catene di approvvigionamento
I dati più recenti evidenziano un aumento del 38% delle interruzioni delle catene di approvvigionamento nel 2024 rispetto all’anno precedente. Le principali cause includono:
- Incendi nelle fabbriche, rimasti la prima causa di disservizi.
- Scioperi nei trasporti, aumentati del 47%, che hanno colpito porti e ferrovie.
- Crisi geopolitiche, come quella del Mar Rosso, che hanno rallentato circa il 15% del commercio globale.
- Eventi climatici estremi, cresciuti a ritmi impressionanti: +214% per le inondazioni, +101% per uragani e tifoni.
Le conseguenze economiche sono tangibili: i ritardi di spedizione sono aumentati a 10-14 giorni e i costi logistici sono saliti, in particolare nei settori della sanità, alta tecnologia, automotive e manifatturiero.
Dazi e pressione sui prezzi al consumo
La nuova ondata di tariffe introdotta nel 2025 potrebbe spingere i prezzi al consumo in salita del 2,3-2,9% nel breve periodo, traducendosi in una perdita media di circa 3.800 dollari per famiglia. I settori più colpiti saranno:
- Abbigliamento: +64% sui prezzi iniziali, stabilizzandosi poi a +27%.
- Tessili: +44% iniziali, poi stabilizzati a +17%.
- Prodotti alimentari freschi: +5,4%.
- Veicoli a motore: aumento immediato del 12%, con una crescita complessiva fino al 19%.
Questi aumenti potrebbero aggiungere un ulteriore 2,25% all’inflazione di fondo, minando i progressi compiuti nel contenimento dei prezzi tra il 2024 e il 2025.
La strategia della Fed di fronte alle nuove sfide
Nonostante il quadro preoccupante, Powell ha ribadito l’impegno della Federal Reserve nel mantenere ancorate le aspettative di inflazione al 2%, un obiettivo che definisce “cruciale per tutto ciò che facciamo”.
La Fed ora dispone di margini d’azione più ampi rispetto al passato, grazie a tassi d’interesse reali più elevati, attualmente compresi tra il 4,25% e il 4,5%. Tuttavia, Powell ha sottolineato la necessità di una comunicazione più chiara sulle incertezze che caratterizzeranno questa nuova fase, suggerendo che anche il quadro teorico della politica monetaria dovrà essere aggiornato.