Godersi la meritata pensione è il giusto risultato derivante da una vita fatta di sacrifici per se stessi e per la propria famiglia; il momento in cui è possibile fermarsi e godersi la vecchiaia in serenità.
Eppure c’è chi desidera continuare a lavorare anche dopo la pensione, essendo ancora nel pieno delle proprie forze e non essendo propenso a poltrire sul divano di casa.
Si può lavorare dopo la pensione? Se sei interessato a valutare le migliori opportunità, ti consigliamo di acquisire tutte le informazioni, le normative sul fisco in vigore e le tassazioni previste nel caso di lavoro dopo la pensione.
Lavoro dopo la pensione: tassazione
Se ti stai avvicinando all’età pensionabile oppure sei già in pensione, devi sapere che, se lo desideri, è possibile anche continuare a lavorare senza rischiare sanzioni.
Un’occasione molto interessante, soprattutto nel caso in cui la tua mensilità non sia particolarmente adeguata alle tue esigenze e ti senti ancora pronto a continuare a svolgere mansioni lavorative.
Onde evitare di gettarti a capofitto su soluzioni lavorative “in nero” che rischierebbero di comprometterti, è bene analizzare le normative vigenti in materia, le tassazioni applicate e prendere la giusta decisione sul lavoro dopo la pensione.
Nonostante sia possibile lavorare dopo la pensione, ci sono alcune limitazioni ed eccezioni, in base soprattutto al tipo di lavoro e al reddito maturato.
Per regolamentare la materia è stato emanato il decreto legge 112/2008, che stabilisce la possibilità di cumulare i redditi di lavoro con le varie tipologie di pensione:
- pensione di anzianità;
- pensione di vecchiaia;
- pensione anticipata.
Mentre in passato non era possibile addizionare pensioni e redditi di lavoro, oggi è stata introdotta questa opportunità, senza il rischio di incappare in spiacevoli sanzioni che comprometterebbero i tuoi introiti.
Tuttavia, è bene precisare che la normativa prevede dei limiti per alcune prestazioni che andremo ad analizzare, onde evitare di commettere errori di valutazione.
Lavorare dopo la pensione anticipata o di vecchiaia
Chi beneficia di una pensione di vecchiaia o anticipata e vorrebbe ancora continuare a produrre per incrementare le proprie entrate, o più semplicemente combattere la noia, potrebbe secondo le normative in vigore continuare a lavorare.
Da gennaio 2009, i redditi derivanti dalle mansioni lavorative svolte sono cumulabili con le pensioni di vecchiaia, di anzianità ed anticipate.
Tuttavia è fondamentale fare un’opportuna distinzione tra due diverse casistiche:
- pensione derivante da sistema retributivo o misto;
- pensione derivante da sistema contributivo.
Se sei un pensionato al quale è stato applicato il sistema retributivo o misto, in possesso dei contributi alla data del 31 dicembre 1995, potresti beneficiare del cumulo di pensione e retribuzione lavorativa.
Se invece appartieni alla categorie di coloro i quali hanno beneficiato del sistema contributivo, potresti ottenere il cumulo, ma con delle specifiche restrizioni di seguito riportate:
- avere almeno 60 anni di età anagrafica per le donne e 65 anni per gli uomini;
- possedere almeno 40 anni di contribuzione;
- oppure avere almeno 61 anni di età anagrafica, ma essere in possesso di almeno 35 anni di contribuzione.
Lavorare dopo la pensione: quota 100 e quota 102
Con la Legge di Bilancio 2022, sono state confermati 2 particolari requisiti che consentono il pensionamento anticipato:
- quota 100;
- quota 102.
Quota 100 riguarda i soggetti aventi come età anagrafica 62 anni ed in possesso di 38 anni di contributi versati. Quota 102 è relativa agli individui che hanno compiuto 64 anni di età e contano 38 anni di contribuzione.
In entrambi i casi, la legge non consente la possibilità di cumulare altri redditi lavorativi fino al compimento dell’età pensionabile prevista per la vecchiaia, ossia i 67 anni di età. Al compimento dei 67 anni di età, il pensionato riacquista il diritto di poter accumulare altri redditi derivanti da mansioni lavorative.
Tuttavia, la legge consente solo ed esclusivamente di addizionare redditi lavorativi occasionali, che non possono superare il tetto massimo di 5.000 euro lordi all’anno.
Lavorare dopo la pensione: opzione donna
La Legge di Bilancio 2022 ha confermato anche “Opzione Donna”, allo scopo di agevolare il pensionamento delle lavoratrici. La legge consente il pensionamento nel 2022 a tutte le lavoratrici dipendenti nate nel 1963 e a tutte le lavoratrici autonome nate nel 1962.
Tuttavia, questa opportunità presenta dei limiti sul calcolo del proprio trattamento pensionistico che le obbliga all’applicazione del sistema contributivo, qualsiasi sia il sistema di calcolo adottato durante la loro vita lavorativa.
Opzione Donna è applicabile a tutte le lavoratrici che sono in possesso dell’anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 e permette loro di anticipare il pensionamento previsto dalle normative applicate per l’anzianità.
Purtroppo il sistema Opzione Donna non consente di addizionare altri redditi lavorativi, pertanto non è possibile svolgere legalmente altre mansioni retribuite.
Continuare a lavorare dopo la pensione: reversibilità
Per quanto concerne la pensione di reversibilità, ossia quella parte di pensione spettante al coniuge in vita, è prevista anche in questo caso la possibilità di addizionare un ulteriore reddito lavorativo.
Sono tuttavia previsti dei limiti reddituali che comportano decurtazioni sulla mensilità percepita. Nello specifico, i limiti imposti scattano dal momento in cui il reddito derivante dalla mansione lavorativa sia compreso tra 3 e 4 volte l’importo minimo INPS.
In particolare:
- nel caso in cui il reddito da lavoro sia 3 volte superiore all’importo minimo INPS, viene applicata una decurtazione pari al 25%;
- se invece il reddito da lavoro risulta 4 volte superiore all’importo minimo INPS, viene calcolata una decurtazione pari al 40%;
- qualora il reddito lavorativo dovesse essere 5 volte superiore all’importo minimo INPS, la decurtazione applicata salirebbe al 50%.
Tuttavia, alle suddette casistiche viene tenuto conto di eventuali contitolari della pensione di reversibilità, ma anche della presenza di studenti, di minori e di disabili, motivi per cui la decurtazione potrebbe non essere applicata.
Lavorare dopo la pensione in caso di invalidità
Il cumulo dei redditi lavorativi è concesso anche a coloro i quali possiedono una pensione di invalidità, ma non è concesso a chi risulta inabile, ossia impossibilitato a svolgere mansioni lavorative.
Nel caso specifico del cumulo con la pensione di invalidità sono applicate delle restrizioni che riguardano prevalentemente il reddito del singolo individuo.
Chi beneficia di pensione di invalidità ed intende addizionare un ulteriore reddito da lavoro, subirà delle decurtazioni sulla pensione percepita, secondo i parametri di seguito elencati:
- decurtazione del 25% qualora il reddito superi di 4 volte il trattamento minimo INPS;
- decurtazione del 50% nel caso in cui il reddito superi di 5 volte il trattamento minimo INPS.
Nello specifico, la decurtazione del 50% verrà calcolata nel caso in cui si tratti di reddito da lavoro dipendente e sarà compito del datore di lavoro ottemperare al versamento spettante.
Lavorare dopo la pensione con partita IVA
Nel caso in cui ti trovi nella condizione di lavoratore autonomo in pensione, ma con la voglia di riprendere a lavorare, come dovresti comportarti?
La buona notizia è che la tua voglia di rimetterti in gioco viene premiata, addizionando alla pensione i contributi che continueresti a versare.
Non dovrai fare altro che effettuare l’apposita domanda, ma solo se sono trascorsi 5 anni dal pensionamento, oppure se hai già raggiunto i 67 anni di età anagrafica.
Nel caso di pensione di invalidità addizionata al reddito da lavoro autonomo, sono previste decurtazioni nel caso in cui l’importo derivante dall’assegno di invalidità superi il trattamento minimo INPS che, nel 2022, è pari a 524,34 euro al mese (inclusa la tredicesima).
La decurtazione potrebbe aumentare ulteriormente qualora il periodo di iscrizione ad un ente previdenziali sia inferiore a 40 anni. Nel caso specifico di lavoratore autonomo con Partita Iva e pensione di invalidità, la decurtazione applicata sarà pari al 30%.
Conviene lavorare dopo la pensione?
Tanti motivi possono portare il il lavoratore a proseguire le mansioni dopo il raggiungimento della pensione:
- una pensione mensile non particolarmente adeguata alle esigenze dell’individuo e della famiglia;
- la voglia di continuare a fornire il proprio apporto lavorativo senza l’obbligo di rimanere con le mani in mano;
- la necessità di aiutare i propri figli oppure i propri nipoti al raggiungimento dei loro obiettivi di vita.
Conviene quindi lavorare dopo la pensione? Se ti stai ponendo questa domanda è perché probabilmente potresti rientrare nelle suddette casistiche, di conseguenza dovresti valutare le tantissime opportunità che potrebbero adattarsi alle tue competenze.
Valuta quindi tutti i requisiti esposti in questo specifico articolo e segui le normative vigenti in materia per verificare la possibilità di lavorare dopo la pensione.
Potresti lavorare sia come dipendente che come lavoratore autonomo, utilizzando un contratto Co.Co.Co. (Collaborazione Continuata e Continuativa), oppure optando per le prestazioni occasionali anche part-time.
Se invece sei più propenso a metterti in proprio, potresti anche aprire una Partita IVA, rispettando solo le normative previste per i lavoratori autonomi.
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Lavorare dopo la pensione: domande frequenti
La Legge di Bilancio 2022 consente la cumulabilità con la pensione percepita di quei redditi lavorativi occasionali che non superino i 5.000 euro lordi l’anno.
La Legge non impone una forma di contratto per pensionati, tuttavia è preferibile optare per un contratto di prestazione occasionale, oppure un contratto di lavoro a chiamata.
Se un pensionato che lavora in nero viene colto sul fatto, subirà l’accertamento da parte del Fisco che rileverà il reddito percepito illegalmente, applicandone le sanzioni di legge.
Mi dispiace.
Non ho trovato indicazioni per il mio caso.
Essendo un nefrologo di 74 anni pensionato ,
INPS-contributivo ed ENPAM , posso accettare una direzione sanitaria con contratto da dipendente ? Quali sarebbero le conseguenze?