Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha incontrato nelle scorse ore le agenzie di rating internazionali per dimostrare la solidità delle finanze pubbliche italiane.
L’incontro non sembra aver convinto i mercati, dato che lo spread rimane sempre intorno a quota 200 punti.
Un dato che potrebbe rivelarsi allarmante, in quanto le revisioni dell’importante società di rating Moody’s, calendarizzate il prossimo 17 novembre, potrebbero declassare l’Italia a livello “spazzatura“.
Spread e debito pubblico: le conseguenze
Il Governo ha prefissato il punto di non ritorno a 300/350 punti, soglia al di sotto della quale lo spread non dovrebbe comportare gravi conseguenze. Ma cosa potrebbe accadere con uno spread così alto e quali conseguenze sui titoli di Stato?
Ricordiamo che lo spread è la differenza di rendimento sui titoli di Stato a 10 anni e prende come punto di riferimento la Germania. Ecco una panoramica della situazione europea attuale.
Spread europei | Valore |
---|---|
ITA/GER 10Y | 2,0516 |
FRA/GER 10Y | 0,5845 |
SPA/GER 10Y | 1,1235 |
BEL/GER 10Y | 0,6895 |
NED/GER 10Y | 0,3675 |
GRE/GER 10Y | 1,4375 |
POR/GER 10Y | 0,7455 |
IRL/GER 10Y | 0,4405 |
Per capire la reale situazione economica in Italia, potrebbe essere interessante analizzare il confronto con gli altri Paesi europei.
L’Olanda paga lo 0,3675% in più della Germania sui titoli di Stato a 10 anni; l’Irlanda lo 0,4405%, il Portogallo lo 0,7455%, la Spagna l’1,1235% e la Grecia l’1,4375%.
L’Italia invece paga il 2,0516% in più della Germania e si colloca quindi al primo posto tra i Paesi che devono pagare di più per raccogliere più denaro in 10 anni.
Per tale motivo, gli esperti non escludono la possibilità che il Btp decennale italiano possa ancora raggiungere un rendimento tra il 6% ed il 6,50%, dopo aver già toccato il 5%.
Il futuro dell’economia italiana: cosa aspettarci?
Le prospettive future dell’Italia preoccupano non solo il livello dello spread odierno, ma anche per la mancanze di strategie a lungo termine per ridurre il debito pubblico.
Se diamo uno sguardo al Portogallo, è riuscito lo scorso 29 settembre ad alzare il rating da BBB+ ad A-, attuando strategie che porteranno il rapporto debito-Pil a scendere al 96,5% nel 2025.
L’Italia invece non solo non ha mai attuato una strategia funzionale per la lotta al debito pubblico, ma ha anche dilapidato 140 miliardi di euro con il Superbonus e creato un ulteriore debito da 14 miliardi di euro per chiudere la nuova manovra finanziaria.
Quali conseguenze per l’Italia?
Innanzitutto il deficit passerà dal 3,6% al 4,30% (sforando ampiamente il limite massimo del 3%) e nella migliore delle ipotesi il debito rischia di rimanere al 140% del Pil.
A ciò bisogna aggiungere la crisi demografica e la maggiore spesa pensionistica che porterà i 23 miliardi previsti nel 2024 a 63 miliardi previsti nel 2026, con un elevato rischio sulla sostenibilità del sistema già a partire dal 2030.
In poche parole, secondo gli esperti, se non si inverte questo trend negativo si prospetta il raggiungimento dei 3 mila miliardi di debito pubblico, per i quali lo spread non appare la causa ma solo la conseguenza di una politica finanziaria non lungimirante.