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Il fisco ha accesso diretto ai conti correnti? Il punto sulle normative in Italia

Il fisco può accedere in modo diretto ai conti correnti degli italiani e prelevare soldi in caso di debiti? Ecco cosa dicono le leggi.

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Da alcuni mesi online si parla, anche con una nota di preoccupazione, della possibilità da parte dell’Agenzia delle Entrate di accedere in modo diretto ai conti correnti dei cittadini, con l’obiettivo di recuperare somme di denaro inerenti i debiti contratti dagli italiani.

Il governo attuale intende proseguire la lotta all’evasione fiscale, in primis migliorando i sistemi di accesso alle informazioni da parte della riscossione. Ma questo significa che il fisco ha accesso diretto ai conti correnti e può prelevare denaro da essi? Andiamo a chiarire questo aspetto, partendo dal testo ufficiale della Legge di Bilancio 2024.

Il fisco può accedere ai conti correnti?

Avere arretrati con il fisco non è mai positivo, perché quest’ultimo può mettere in moto azioni di riscossione e notificare un debito la cui somma, a causa delle sanzioni, aumenta nel tempo, se non pagata entro le scadenze. Una certo importo non corrisposto al fisco infatti può comportare l’aggiunta di sanzioni e interessi in un momento successivo.

Con l’attuale governo sono state proposte delle modifiche al sistema di riscossione, tali da rendere più snella l’intera macchina di recupero dei debiti nel paese, evitando rallentamenti e l’accumulo di cartelle esattoriali. Il fisco può quindi effettivamente intervenire in diversi modi per riscuotere le somme non pagate dai cittadini.

Ma può accedere direttamente ai conti correnti dei cittadini? Sulla questione si è parlato a proposito della Legge di Bilancio 2024, per cui sono state introdotte, nella versione finale del testo, indicazioni circa la possibilità per il fisco di accedere a determinati dati (parliamo di dati, non di somme di denaro). Riportiamo quindi le indicazioni specifiche fornite dalla Legge di Bilancio 2024:

“L’intervento consentirà, grazie al ricorso a forme di cooperazione applicativa e a ogni altro strumento informatico disponibile, di acquisire, sin dalla fase propedeutica a quella di avvio della procedura esecutiva, i dati e le informazioni necessari al buon esito dell’azione di recupero, da chiunque detenuti e di rendere così più efficiente la procedura, con particolare riguardo a quella mobiliare.”

La riforma della riscossione è in corso d’opera, tuttavia secondo il testo ufficiale della manovra di quest’anno si prevedono forme di cooperazione specifiche con soggetti che detengono le informazioni (pensiamo a istituti bancari oppure banche dati che contengono dettagli sulle proprietà immobiliari). Non si parla in modo diretto di un accesso al denaro dei conti correnti.

Una riscossione difficile: le proposte

Come si è arrivati all’ipotesi di un maggiore accesso del fisco ai dati relativi ai conti correnti? Il problema principale del sistema italiano di riscossione è l’impossibilità di recuperare molte somme di denaro, con il conseguente cumulo di cartelle esattoriali nei magazzini dell’Agenzia delle Entrate.

La difficoltà di un rientro delle somme per cui i cittadini hanno contratto dei debiti e l’ingorgo di cartelle fiscali hanno portato alla necessità di un intervento strutturale nel sistema di riscossione, con diverse proposte. Già con la Deliberazione del 23 dicembre 2022, n. 56/2022/G, la Corte dei Conti indicava chiaramente la necessità di un intervento a tal fine, con lo scioglimento di Equitalia e l’istituzione dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione.

Il problema principale è spesso l’individuazione delle somme (o dei patrimoni) dei soggetti che hanno un debito:

“Attualmente, buona parte dei pignoramenti non raggiunge alcun risultato, perché i conti correnti dei debitori sottoposti a pignoramento non sono capienti o, addirittura, non hanno un saldo attivo.”

L’incrocio di dati derivati da diverse fonti e database consentirebbe di capire quali soggetti sono effettivamente capienti per saldare i propri debiti, nel caso in cui fosse necessario il pignoramento.

Riforma della riscossione: a che punto siamo


Il MEF pubblica periodicamente le informazioni aggiornate sul punto della situazione in merito alla riforma fiscale prevista per quest’anno, che tocca anche l’argomento della riscossione. Tra tutti gli obiettivi da conseguire, rimangono aperte alcune questioni: il sistema sanzionatorio tributario, la riscossione e altre disposizioni relative al fisco.

In particolare è stato recentemente approvato, ma solo in fase preliminare, il decreto per attuare un riordino del sistema della riscossione, rispondendo alle necessità più attuali. L’11 marzo 2024 un comunicato stampa del Consiglio dei Ministri ha indicato le prime decisioni in merito.

L’obiettivo è quello di bilanciare la necessità di una maggiore efficacia del sistema di riscossione con i diritti dei contribuenti, introducendo anche un sistema di discarico automatico delle cartelle dopo 5 anni, che consente di snellire l’enorme magazzino di cartelle esattoriali cumulate negli anni.

Di fatto dopo 5 anni in cui la riscossione non va a compimento, il debito torna all’ente creditore: questo non vuol dire che sarà annullato o eliminato, ma che sarà l’ente originario a decidere come agire. Si prevede anche l’istituzione di una Commissione apposita per i discarichi dal 2000 al 2024.

Insieme a questo provvedimento si parla di estendere le rate massime per il saldo dei debiti, da 72 a 120, per favorire il pagamento spontaneo da parte dei contribuenti. In questo comunicato non si accenna quindi alla possibilità di accesso diretto ai soldi contenuti nei conti correnti dei cittadini, operazione che per molti versi andrebbe contro alla tutela dei diritti come indicato dal Garante della Privacy.

Il confine tra ciò che il fisco può fare e ciò che non può fare sembra essere qui molto sottile: da un lato vi è la necessità per l’ente di riscossione di conoscere il saldo attivo dei contribuenti da cui potenzialmente recuperare delle somme, dall’altro lato vi sono regole precise sulla protezione dei dati.

Il fisco non preleva i soldi dai conti correnti

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Più volte Giorgia Meloni ha specificato che l’intenzione della manovra non è quella di prelevare i soldi direttamente dai conti correnti dei cittadini che hanno un debito: la Legge di Bilancio prevede di incrementare la lotta all’evasione fiscale, ma senza agire direttamente sui conti.

Al momento attuale inoltre il fisco può già pignorare il conto corrente, in determinate circostanze, tuttavia non può sapere in anticipo qual è il saldo presente all’interno dei conti correnti e c’è una procedura da rispettare specifica per arrivare a questo genere di operazione, in cui il diretto interessato viene informato in modo adeguato.

Stando a quanto riportato nella Legge di Bilancio e dalle diverse proposte avanzate dal 2023, l’obiettivo sarebbe quello di migliorare le comunicazioni con gli enti che detengono i dati e l’accesso alle informazioni, tuttavia al momento bisogna attendere l’effettiva pubblicazione del decreto legge definitivo sulla riscossione, per cui ci sono solamente le indicazioni preliminari che abbiamo visto prima.

Come funzionerebbe il pignoramento telematico

Si sono fatte diverse ipotesi prima dell’arrivo del testo definitivo della Legge di Bilancio 2024 sulla possibile introduzione di un pignoramento telematico, ovvero di un’operazione di recupero delle somme direttamente dai conti correnti.

Questa ipotesi era rimasta aperta nel periodo in cui circolavano le bozze della manovra 2024, ma non ha poi trovato alcun riscontro. Si è parlato molto anche sulle cifre ipotetiche su cui un’azione di questo tipo poteva essere messa in campo, escludendo ad esempio chi ha debiti inferiori a 1.000 euro.

Un pignoramento telematico così delineato non è mai arrivato, tuttavia può essere utile sapere come funziona in modo ordinario il pignoramento di un conto corrente. Attualmente è prevista una procedura specifica per cui il fisco può agire in questo modo, prima di tutto verificando la sussistenza del debito e informando il cittadino.

L’agente di riscossione quindi procede ad inviare una notifica specifica in cui chiede al contribuente di sanare la situazione. Trascorso un certo periodo di tempo, il fisco può inviare ulteriori richieste, se il cittadino non ha rimediato, a sistemare la propria posizione di insolvenza.

Quando il debito si trasforma in una vera e propria cartella esattoriale ed è trascorso un certo periodo di tempo, solitamente di un anno, dal momento in cui viene notificata, il fisco invia uno specifico avviso di intimazione di pagamento.

Colui che ha il debito deve provvedere al saldo entro 5 giorni, anche a rate, altrimenti il fisco si può rivolgere all’istituto bancario per sapere se effettivamente ci sono conti correnti a lui intestati con saldo positivo da cui recuperare le somme.

A questo punto le banche coinvolte hanno un certo periodo di tempo, di 60 giorni, per rispondere al fisco e da qui può avvenire effettivamente l’atto di pignoramento. Come abbiamo visto, è necessario un atto ufficiale per avviare questo tipo di procedura. Inoltre al cittadino viene garantita sul conto una certa somma definita come “minimo vitale” per il proprio sostentamento, del valore del triplo dell’assegno sociale.

Accesso ai conti correnti: la tutela dei dati

L’interlocuzione con il Garante della Privacy è sempre presente ed è indispensabile quando si parla di dati dei cittadini. Già negli scorsi anni (ad esempio con la Legge di Bilancio 2020) il Garante della Privacy aveva dato il consenso ad alcune iniziative volte all’incrocio di dati per l’individuazione di casi a rischio evasione fiscale.

Ricordiamo che la lotta all’evasione fiscale è un obiettivo di interesse pubblico, per cui il Garante ha acconsentito l’adozione di alcune metodologie per incrociare le informazioni a disposizione dell’Agenzia delle Entrate per conseguire questo fine.

Tuttavia aveva disposto numerosi limiti da rispettare nel fare ciò, per cui il fisco può intervenire con l’incrocio di dati solamente se è disposta la massima tutela dei diritti dei cittadini. Pensiamo ad esempio all’anonimometro, uno strumento già presente attualmente che permette di incrociare i dati in possesso all’Agenzia con quelli presenti all’Anagrafe dei Conti Correnti, ma in modo anonimo.

Questo strumento aveva già ricevuto il consenso del Garante della Privacy, principalmente perché i dati raccolti non vengono collegati immediatamente ai titolari dei conti. In questo modo vengono individuate solamente le casistiche di effettiva evasione fiscale, ovvero in cui è presente un elevato rischio.

Eventuali operazioni ulteriori, come il prelievo del denaro direttamente dai conti correnti, prima di essere approvate passeranno necessariamente per il Garante della Privacy, che verificherà ancora una volte se sono rispettati i diritti dei cittadini.

Per questo motivo è altamente improbabile che arriverà nel prossimo futuro un provvedimento che consenta questa azione in modo diretto e universale, tuttavia per conoscere i dettagli della riforma della riscossione bisogna attendere la pubblicazione del decreto definitivo.

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